Giannina rideva parlando e ogni tanto strizzava gli occhi a Lizzie e muoveva il mento come se mento e occhi lavorassero insieme ai vestiti delle bambole.
- È sempre tanto occupata? - domandò Lizzie guardando con ammirazione quei ditini piccini piccini che tagliavano, ingommavano e cucivano senza tregua.
- Ora non è nulla, anzi - rispose Giannina - perché ieri l'altro ho finito molti abiti da bruno grave per una bambola, che servo pure e che ha perduto il suo canarino.
Posò il lavoro, prese la gruccia che era appoggiata alla tavola e disse:
- Venga! le voglio far vedere la camera; non è grande davvero, ma è molto bellina, eppoi, gliela do per poco!
Salirono una scaletta segreta, stretta e breve e quando Giannina fu in cima, aperse un usciolino, ed entrò in una camera che pareva uno scatolino, tanto era piccina; ma era tutta pulita come uno specchio, la finestra dirimpetto alla porta aveva le tende bianche di bucato.
Lizzie la prese subito in affitto e ritornò insieme colla donnina nel salotto.
- È sola tutto il giorno? - le domandò - Non conosce punti ragazzi del vicinato.
- No davvero! - disse Giannina gettando un piccolo grido come se si fosse punta coll'ago. - Come può venire a me a parlare dei ragazzi? Io non li posso soffrire. So quanto sono birichini e crudeli! - Pronunziò queste parole col pugno alzato, in atto di minaccia e cogli occhi chiusi. - Corrono sempre addosso, spaventano e non sanno far altro che divertirsi, litigarsi, picchiarsi e burlarsi di tutti. E non è tutto! - aggiunse alzando come prima il piccolo pugno.
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Lizzie Lizzie Giannina Giannina Giannina
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