(Continua)
Colui che aveva bussato alla porta era un ragazzo lungo lungo, sgraziato, con molti bottoni alla giacchetta e con un viso bonaccione e allegro, benché fosse tutt' altro che bello.
- Entri pure - dissegli la piccola sarta. - Che cosa comanda ?
- Mi chiamo Momo, signorina.
- Le starebbe meglio il nome di sor Bottoni - disse ridendo Giannina - Dio mio! Non apra la bocca a quel modo, un giorno o l'altro non potrà più chiuderla.
Momo chiuse la bocca e guardò intorno a sé ogni cosa, come se gli fosse stata descritta o volesse accertarsi che era al posto.
- Le piace? - gli dimandò Giannina.
- Bellina davvero.
- E che cosa gliene pare di me.
Quella domanda scombussolò Momo, si tirò i bottoni a uno a uno e guardò la donnina tutto confuso.
- Le faccio spavento forse ? - insisté la piccola sarta. - Me lo dica pure. Le paio un po' buffa, non è vero? - e piegò la testa verso Momo e il pettine coi denti rotti che le fermava i capelli cadde e i folti ricci sciogliendosi, le formarono attorno al visino come un'aureola d'oro.
- Che quantità! Che colore! - esclamò Momo.
- Perché è venuto ? - gli domandò Giannina colla sua voce insinuante, dopo alcuni istanti di silenzio.
- Sento che veste le bambole - disse Momo gettando uno sguardo strano sulla porta.
- Davvero? Ha una bambola da far vestire.
- Come può vivere qui sola sola? - disse Momo gettando sulla porta un altro sguardo a stracciasacco.
- Non sto sola; sta con me quel buon mago del mio compare.
- Con chi? con chi ha detto che sta?
- Non può aver capito - rispose Giannina.
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Continua Momo Bottoni Giannina Giannina Momo Momo Momo Giannina Momo Momo Giannina
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