Davanti al tavolino, c'era collocata una sedia bassa e soffice e sopra un bel libro di modelli stava scritto: "Per la mia cara Giannina Scricciolo, la sua Lizzie-Mizzie-Vizzie."
Che cambiamento! Una fata poteva essere altera di averne operato uno simile per la sua protetta - così almeno pensava la piccola sarta.
Quando si fu riposata un poco nella sedia bassa ed allorché Lizzie le ebbe narrato la malattia del signor Wrayburn e come egli una volta guarito, non avesse voluto separarsi da quella che lo aveva assistito con tanta cura e avesse accettato la condizione di prendere in casa la piccola Giannina Scricciolo, perché senza Giannina Scricciolo Lizzie non poteva esser felice davvero, la piccola sarta versò molte lagrime, le più felici che avesse versate in vita sua.
Prese la mano del signor Wrayburn e gliela baciò, eppoi avvolgendo intorno a quella un riccio dei suoi capelli biondi e uno dei capelli bruni di Lizzie, disse: - Il patto è fatto.
Allora Lizzie le disse che il signor Riah andava ad abitare la piccola casa in via della Chiesa e che avrebbe lavorato pel signor Wrayburn, dal quale sarebbe stato ben pagato. - E noi andremo qualche volta a prendere il thè da lui - disse Lizzie - ed egli verrà molto spesso a prenderlo con noi mia cara e Momo ti farà tante belle cosine e andrà per le botteghe a comprare ciò che ti occorre e tu vivrai con noi fino al giorno in cui lui non verrà.
- Lui può restare dov'è - rispose Giannina sorridendo. Non è venuto quando era sola, infelice e carica di lavoro, ora può stare dov'è.
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