Quelle invidiose creature andarono in giardino a sfogare la loro collera.
- Non si sa perché quello scricciolo debba essere più fortunata di noi che siamo più belle di lei!
- Sorella - disse la maggiore - mi viene un'idea in testa. Tratteniamola qui più del tempo che le ha accordato la bestia. Quando tornerà al palazzo sarà tanto infuriata che forse la discaccierà subito.
- Ben pensato - rispose l'altra - ma per trattenerla qui bisogna mostrarsi molto gentili.
Tutte e due andarono a raggiungerla in casa e le dimostrarono tanta falsa affezione, che Belinda non poté trattenersi dal gridare dalla gioia.
Terminata che fu la settimana le due sorelle mostrarono tanto dolore di perderla, che essa accondiscese a rimanere una settimana di più, ma tutto quel tempo Belinda tremò pensando al dolore che cagionava alla povera bestia, perché l'amava sinceramente e desiderava la sua compagnia. Fra tutta la gente di distinzione che vedeva non trovava nessuno buono, amoroso, premuroso e gentile quanto il mostro.
La decima notte che passava nella villa sognò d'essere nel giardino del palazzo; la bestia giaceva su un praticello erboso e col suo ultimo respiro le rammentava la promessa. Belinda si destò spaventata e scoppiò in lagrime.
- Sono veramente cattiva - disse - facendo soffrir tanto il povero mostro che mi dimostrava tanta bontà. Perché non lo sposo? Sono sicura che sarei più felice con lui che le mie sorelle coi loro mariti. Non deve soffrire più a lungo per me, altrimenti ne sentirei rimorso per tutta la vita.
| |
Belinda Belinda
|