Il Nano, di quando in quando, gli domandava:
- Maestà, e le mie nozze?
Ma quello cambiava discorso: da quell'orecchio non ci sentiva.
- Maestà, e la mia metà del regno?
Ma quello cambiava discorso: da quell'altro orecchio non ci sentiva neppure.
- Bella parola di re! - gli disse il Nano una volta.
- Ah, nanaccio impertinente!
E il re gli tirò un calcio alla schiena che lo fece saltar dalla finestra.
- Doveva esser morto!
Andarono a vedere in istrada; ma il Nano non c'era più. Si era rizzato di terra, si era ripulito il vestitino ed era andato via, lesto lesto, come se nulla fosse stato.
- Buon viaggio! - disse il re, tutto contento.
Ma la reginotta, da quel giorno in poi, diventò di malumore: non diceva una parola, non rideva più, andava perdendo il colorito.
- Che cosa ti senti, figliuola mia?
- Maestà, non mi sento nulla; ma... chi dà la sua parola la dovrebbe mantenere.
- Come? Lei dunque voleva quel nano gobbo e sbilenco?
- Non intendeva dir questo; ma... chi dà la sua parola la dovrebbe mantenere.
Anche la regina non viveva tranquilla.
- Quel Nano era potente: aveva vinto l'Uomo selvaggio: doveva tramare qualche brutta vendetta!
Il re rispondeva con una spallata:
- Se quello sgorbio gli veniva un'altra volta dinanzi!
Ma la reginotta ripeteva:
- Chi dà la sua parola la dovrebbe mantenere! Intanto s'era sparsa la notizia che la reginotta era stata liberata dalle mani dell'Uomo selvaggio, e il reuccio di Portogallo mandò a domandarla per moglie.
La reginotta non disse di sì, né di no; ma il re e la regina non videro l'ora di celebrare le nozze.
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