Il re e la regina lo afferrano l'uno pei piedi, l'altra per le braccia e tira, tira, tira, il Nano, da nano che era, diventò un bel giovane di alta statura.
Il reuccio del Portogallo si persuase che era di troppo e disse:
- Datemi almeno quel cavallo: farò la strada più presto.
Montò sul cavallo di bronzo, e dette le parole fatate, in un colpo sparì.
La reginotta e il Nano (lo chiamarono sempre così) furon moglie e marito.
E a noi rimane da leccarci le dita!
Emma Perodi
Il capo d'anno del gigante.
Nr. 1 (4 gennaio 1883), p. 1-5.
Molti, ma molti anni fa, c'era in un paese di questo mondo, un signore, che aveva ereditato dai suoi antenati il titolo di Conte, un bel castello e grandissimi possessi. Ma il Conte e la Contessa sua moglie spendevano tanto per i poveri e facevano per Capo d'anno tanti utili regali a tutti i bambini del vicinato, che a poco a poco dovettero vendere terre, boschi, servizii d'oro e d'argento, licenziare servitù e mettersi a vivere come due poveri disgraziati.
Una sera, verso la fin di dicembre, erano seduti, dopo un magro desinare, nella grande sala da pranzo del castello, illuminata soltanto da pochi stecchi che bruciavano nel caminetto. In tutto il vicinato non c'era fuoco più misero di quello. Anche i poveri si scaldavan meglio; essi potevano andare a far legna nei boschi, ma il Conte aveva un vecchio servo soltanto che aveva già raccattato tutti i rami secchi che aveva trovato intorno al castello.
- Quest'anno, marito mio - disse la Contessa avvicinando la sedia al caminetto - non potremo invitare i nostri bambini poveri per Capo d'anno.
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