Per sfamarmi c'era a sufficienza, perché io mi contento dei minuzzoli, ma anche quelli erano tanto duri e risecchiti che potevo appena mangiarli. Ma dopo mi accorsi meglio della loro miseria, quando sentii quel che dicevano.
- Ti par cosa ben fatta di spiare i discorsi altrui?
- Forse no - rispose la Fata. - Ma senti, parlavano della festa del Capo d'anno, e dei regali che davano ai ragazzi gli anni scorsi. Benché poveri faranno lo stesso anche quest'anno.
- Come faranno?
- Il Conte vende il letto di famiglia.
Il Gigante si fermò stordito. - Come, il celebre letto della famiglia Ruggiero servirà a fare i regali ai bambini?
- Sicuro.
- Davvero! Non ho mai inteso una cosa simile dacché son nato. Fa pietà. Bisognerebbe impedirla. - E così lamentando la sorte del povero Conte, giunsero ad un crocicchio.
- Addio Fatina - disse il Gigante. - Ti lascio colle tue compagne. Ci rivedremo quando ripasserò.
- Se ti contenti ti accompagno. Voglio vedere come vanno le cose laggiù nel castello dello zio del tuo nonno. Non ti accorgerai neppure della mia presenza.
- Vieni pure.
Dopo poco giungevano alla porta del castello. La porta era custodita da un guardiano.
- Guardiano! - urlò il Gigante. - Come sta lo zio del mio nonno, il vecchio gigante Tannareg?
- È morto da un mese e i suoi beni sono divisi fra i suoi eredi.
- Non può essere; io sono uno degli eredi e non mi è toccato nulla.
- Non so altro - disse il guardiano - mi hanno detto di dare questa risposta a quanti venivano.
- Chi ve lo ha detto?
- Il mio padrone Sommareg, l'erede principale del vecchio gigante.
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