Avete capito?
Il Gigante vecchio gettò uno sguardo sui sacchi di denaro che l'erede aveva in spalla e sospirò.
- Che farai nel mondo con tutte queste ricchezze? - domandò la Fata.
- Ne porterò un sacco al Conte, perché offra una bella festa ai bambini. Il resto lo riporrò nel mio castello.
- Il Conte non lo accetterà; è molto orgoglioso. Lasciami trattare questa faccenda.
- Trattala pure.
- Che bella cosa! - esclamò la Fata battendo le mani. - Avrò da pensare.
- E io avrò da fare - disse il Gigante.
- Rinunzia alla festa - consigliava la Contessa al Conte. - Abbiamo tanto poco e i bambini non saranno contenti di quel che daremo loro domani.
- No, cara mia. Io vivrò poco, perché lo stato nostro è intollerabile e non morirei contento senza aver veduto domani i nostri cari piccini. Andiamo a riposare. - La Contessa ubbidì e si coricò sopra un sofà piccino piccino. Il Conte si distese per terra.
Il primo giorno dell'anno sorse chiaro e sereno. Il Conte si alzò di buon umore e affacciandosi alla finestra vide una lunga processione di bambini, preceduta da musica, che si avvicinava al castello. Chiamò la Contessa e la condusse sulla terrazza.
- Sono più del solito! - esclamava disperata la povera signora. - Come faremo a sfamarli, saranno cento e cento.
Intanto la processione giungeva al castello. Prima veniva il Gigante colla piccola Fata sul dito, poi quattro o cinque suonatori, e per ultimo una lunga processione di bambini vestiti a festa, che camminavano due per due.
- Viva il Conte! - gridò il Gigante - e le vôlte grandiose del castello echeggiavano dei suoi gridi e del suono degli strumenti.
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