- Entrate, cari miei - disse il conte ai bambini. - Son contento di ospitarvi. Ma voi, caro Gigante, ci potete passare dalla mia porta?
- Conte! - esclamò la Fata, ritta sul dito del Gigante. - Ho una cosa da proporvi.
Il buon signore la guardò meravigliato.
- Che bella Fatina! - disse. - Esponetemi pure le vostre idee.
- Bene. Ci permettete di entrare nella gran sala del castello? Abbiamo voglia di ballare.
- Temo che ci starete male, è tutta piena di polvere e ragliateli. Son tanti anni che non c'entra nessuno.
- Mi farebbe tanto piacere di camminare in quella sala a suon di musica.
- Se è così - disse il Conte - entrateci pure.
Il Conte e la Contessa si unirono alla processione, traversarono la corte, salirono lo scalone e giunsero alla sala. Il Gigante aprì la porta. Nessuno a questo mondo è stato mai tanto sorpreso quanto il Conte e la Contessa. Nel mezzo della sala c'era una tavola lunga lunga e su quella tavola monti intieri di chicche, balocchi e oggetti di vestiario. Il Conte non poteva parlare, la Contessa non poteva parlare. Il Gigante li prese per mano e li condusse giro giro a veder tutti i doni. Ogni dono portava scritto il nome della persona a cui era destinato. Un sacchetto di broccato tutto luccicante conteneva i brillanti per la Fata. Ci volle del tempo a guardare tutti i doni, fra i quali molti erano per il Conte e per la Contessa, e consistevano in antichi oggetti preziosi che essi erano stati costretti a vendere per mantenere l'uso della festa del Capo d'anno.
- Ora ballate - disse la Fata colla sua vocina.
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