Avrebbe potuto mettersi ad imparare qualche cosa per guadagnarsi onestamente un tozzo di pane; ma gli parve troppo dura e difficil cosa, egli che non aveva mai fatto altro fino allora che baloccarsi da giovinetto e scorrere di divertimento in divertimento da giovane.
In sulle prime si rassegnò al suo stato, serbò qualche misura nelle spese, si contentò di parere il signorotto di prima, astenendosi dalle occasioni di mostrarlo col fatto; ma appena che il procuratore ebbe sistemato le sue faccende, in guisa che qualche assegnamento gli rimaneva, tornò a cedere alle solite tentazioni, ricadde nelle insidie tesegli dai falsi amici, e il non sapere che cosa fare di sé l'ozio, la noia, l'ambizione, lo trascinarono passo a passo a far getto anche di quel poco che gli era rimasto.
Ogni volta che i suoi modici assegnamenti erano in poco d'ora svaniti, scriveva al castaldo gli mandasse denari a ogni costo; vendesse le raccolte in erba, cercasse imprestiti, si disfacesse anche di qualche campo. Non valevano le esortazioni del procuratore, non le rimostranze del castaldo, non le evidenti prove della estrema ruina alla quale andava incontro. Alla fine i debiti nuovi che in niun modo poterono esser pagati lo costrinsero a fuggire e nascondersi a Montevago, altrimenti avrebbe dovuto passare dalla soglia della bottega di caffè nella carcere dei debitori insolventi.
Arrivò a Montevago, che pareva più morto che vivo; si chiuse in una stanza, e stette lì qualche giorno senza voler parlare nemmeno col castaldo.
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Montevago Montevago
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