La mattina le fate vedendola, chinarono cinque volte la testa davanti a lei, e poi le dissero:
- Buon giorno Chioma d'argento.
Chioma d'argento si guardò intorno meravigliata. Nella notte i capelli le erano cresciuti tanto da coprirla tutta, e avevano davvero il bianco lucente dell'argento.
Chioma d'argento qua, Chioma d'argento là, le fate non si saziavano di guardarla, di ammirarla, e fra di loro dicevano:
- Prima si voleva farla far da serva, ma ora sarebbe un peccato. - Avevano paura che l'aria la sciupasse e il sole abbronzasse quelle carni di latte e sangue. Ogni giorno la colmavano di regali. Le avevano fatto un vestito di broccato celeste che era una bellezza, l'avevano condotta nel loro palazzo sotterraneo, tutto di cristallo di rocca e d'oro, ma Chioma d'argento era sempre malinconica. Chiamava le sorelle, la mamma e nulla valeva a rasserenarla.
Un giorno era in giardino che guardava tre funghi giganteschi, nati la notte, quando vide innalzarsi in aria due palle diafane e iridescenti come bolle di sapone. In una vedeva la sua mamma sana e robusta, in un'altra le sue quattro sorelle livide come tanti morticini.
Chioma d'argento si mise a piangere e pianse per delle ore di seguito. Tornarono le fate e la trovarono cogli occhi rossi.
- Che hai Chioma d'argento?
- È inutile che ve lo dica; da questo male non saprete mai guarirmi - e seguitò a piangere.
Le fate tennero consiglio. Chioma d'argento non doveva piangere; si sarebbe sciupata gli occhi, e volevano che crescesse sempre più bella per sposare il figliolo di un re che loro proteggevano.
| |
Chioma Chioma Chioma Chioma
|