Camminò cinque notti dietro alla luna e arrivò alla casina piccina piccina delle fate. Ma era sgomento perché non sapeva dov'era il palazzo. Glielo insegnò la luna. C'era una buca larga sotto un castagno; questa buca conduceva in una grotta di pietra, la grotta metteva in un corridoio lungo lungo. In fondo al corridoio c'era la prima porta di bronzo del palazzo. Il giovane buttò in terra la noce e la porta si spalancò come per incanto, e rimase aperta.
C'era una seconda grotta di marmo, un altro corridoio lungo lungo, e in fondo una porta d'acciaio. Spaccò la seconda noce, la porta si spalancò e rimase aperta. C'era una terza grotta di alabastro, un corridoio lungo lungo, e in fondo una porta d'argento. Spaccò la terza noce, la porta si spalancò al solito e rimase aperta. C'era una quarta grotta di ametista, un corridoio lungo lungo e in fondo una porta di platino. Spaccò la quarta noce, la porta si spalancò al solito e rimase aperta. C'era una quinta grotta tutta di corallo, un corridoio lungo lungo e in fondo una porta d'oro. Spaccò l'ultima noce, la porta si spalancò e il giovane rimase abbagliato trovandosi nel palazzo di cristallo di rocca, scintillante come se fosse di diamante.
Passò per cinque sale una più bella dell'altra e giunse alla camera dov'era distesa Chioma d'argento sul letto di fiori, colla corona di regina in testa, e i capelli che toccavano terra.
La guardò. Non aveva mai visto una bellezza simile. Le toccò una mano: era fredda come il marmo. Fece per prenderla in collo e portarla via, e allora s'accorse dello spillo che Chioma d'argento aveva conficcato nel cuore.
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Chioma Chioma
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