Allora tutti i soldati, compreso il trombettiere, armati di grossi bastoni cominciavano a bastonare furiosamente il tronco della quercia. E nel bollor della mischia si sentiva sempre la voce del generale, che gridava: Avanti! - Coraggio, marmotte!... Serrate le file!... Alla baionetta!
Quando i soldati, stanchi trafelati, non ne potevano proprio più, allora buttavano via i bastoni e la battaglia era finita.
E la quercia?... La povera quercia si lasciava tutti i giorni bastonare, senza mai rivoltarsi, senza mai mandar fuori una mezza parola di lamento: solo di tanto in tanto scuoteva malinconicamente le sue foglie, quasi volesse dire:
- Poveri ragazzi! Lasciamoli fare! Hanno così poco giudizio!...
Un giorno, per altro, avvenne un caso orribile e spaventoso; ed ecco come andò.
Il piccolo esercito, secondo il solito, si avanzava a marcia forzata dentro il bosco, in cerca del solito nemico. Quando a un tratto il general Leoncino, che camminava fieramente avanti una ventina di passi, si fermò esterrefatto e, cacciando un grido acutissimo di terrore, voltò le spalle e si dette a scappare a gambe verso casa.
La sua fuga fu così precipitosa e disordinata, che per la strada perse gli sproni di latta e il berretto di generale, col gallone che pareva d'argento.
Che cos'era mai accaduto di strano?... Ve lo dirò subito.
* * *
Quando Leoncino arrivò alla villa era ansante, boccheggiante e tutto paonazzo in viso come un cocomero troppo maturo.
E per l'appunto, la prima persona, in cui s'imbatté, fu lo zio.
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Leoncino Leoncino
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