Il babbo, che non sapeva il motivo di questo gran buon'umore, disse allora con voce risentita:
Finitela una volta! Si potrebbe sapere almeno di chi ridete?
- Si ride di lui!... - E accennando Leoncino, dettero in una risata più forte.
- Del nostro coraggioso generale! - E qui una risata più lunga.
- Povero generale, che paura che ha avuta! Diamogli subito un bicchier d'acqua! - E qui una risatona così sguaiata che non finiva più.
E Leoncino?...
Leoncino aveva perduto la voce. Stava ritto in mezzo alla sala, con la testa bassa, col mento conficcato nello stomaco: e di tanto in tanto dava dell'occhiatacce al- l'insù ai suoi compagni, come dire: - "Quando saremo fuori di qua, faremo i conti e me la pagherete!..."
- Dunque, si può sapere che cos'è accaduto? - domandò il babbo.
- Te lo racconterò io - disse Raffaello, quello che faceva da cavalleria.
- No: io! - gridò Gigino, il rappresentante la fanteria.
- Nossignori, tocca a me - strillò Arnolfo, il trombettiere. - Io sono il più piccino di tutti; dunque ho più diritto degli altri.
- Lasciate parlare Arnolfo - disse il babbo - e zitti tutti!
Il piccolo trombettiere, non sapendo lì per lì trovar subito la parola per dar principio al suo racconto, cominciò a fare con la bocca mille versi e a gesticolare con le mani: alla fine poi, trovata la parola, prese a dire con accento animato:
- Sicché dunque, si disse tutti: andiamo!
- Andiamo? Ma dove volevate andare? - domandò il babbo.
- O che non lo sai? S'andava a far la guerra...
- La guerra contro chi?
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