A un certo punto vedendosi un precipizio davanti il sor Timoteo ebbe paura, e lui, grande e grosso come un bue si messe a lamentarsi.
- Dove mi ha mai portato! povero me, Timotea, Timoteini, Timoteuccia! - ma nessuno gli rispondeva. L'americano lo aspettava a quel punto. Gli gettò una corda perché se la legasse alla vita e tenne lui l'altro capo.
Incominciarono a discendere e quando vide che Timoteo scivolava, lasciò andare la corda e il pover uomo, sbatacchiato, sgraffiato, ammaccato, volò in fondo a un precipizio.
L'americano stava su a urlare:
- Me l'hai ripagata la bambola scavata a Pompei, truffatore, birbante, ingannatore. Scava le bambole ora, scavale! - e rideva.
Quelle parole erano come tante coltellate per il povero baloccaio, che vedeva le stelle dal dolore e si trovava lì abbandonato, separato dai suoi.
In fondo a quel precipizio scorreva un rio. L'infelice si trascinò in riva all'acqua e quella calmò i suoi atroci dolori, ma non aveva la forza di alzarsi, di camminare. Intanto la fame lo divorava e carponi si spinse verso il punto dove la valle si allargava, e quale non fu la sua sorpresa trovandosi appunto in riva al fiume sul quale era andato a passeggiare colla sua Timotea, e dove appunto aveva lasciato l'ombrello.
Incominciò a urlare chiedendo soccorso, e l'udì un giocatore di birilli che vedendolo tutto arruffato, stracciato e sgraffiato, lo prese per un selvaggio e cominciò a ballare dalla gioia.
Alla meglio si riebbe, ma il pensiero che la vendetta dell'americano avesse colpito anche la sua Timotea?
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