II.
Come andō che Pipė perdé la sua bella coda
Bisogna dunque sapere che appena usciti fuori di quella foresta, dove stavano di casa Pipė e la sua famigliola, si trovava subito un gran lago abitato da un vecchissimo coccodrillo, che contava oramai circa duemil'anni di vita.
Arabā-Babbā (cosė chiamavasi il vecchio coccodrillo), divenuto cieco degli occhi a cagione dell'etā decrepita, e non potendo pių guadagnarsi un boccon di pane col sudore della sua fronte, era condannato a starsene dalla mattina alla sera rasente alla riva del lago, con la testa fuori dell'acqua e con la bocca sempre spalancata, aspettando che tutti quelli che passavano di lā, uomini o bestie che fossero, mossi a compassione di lui, gli gettassero in bocca qualche cosa di masticabile, tanto da non morir di fame e di tirarsi avanti almeno per un altro migliaio d'anni.
E tutti i passanti, uomini o bestie che fossero, bisogna dir la veritā, non mancavano mai di fare un po' di elemosina al povero vecchio.
E anche Pipė lo soccorreva frequentemente: ma quella birba spesso e volentieri, invece di dargli o una frutta o un pesciolino morto, si divertiva a mettergli in bocca ora una manciata di sassolini, ora un fastello di stecchi e di ortica, ora un chiodo o un arpione arrugginito trovati per caso lungo la strada.
Ma il vecchio coccodrillo non si arrabbiava per questi scherzi sguaiati. Tutt'altro.
Risputava tranquillamente i sassolini, gli stecchi, le ortiche e i chiodi, e soltanto scoteva leggermente il capo, come per dire:
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Pipė Pipė Pipė
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