Poi se ne andò.
- Questa volta è partito davvero - disse Adolfo tutto afflitto - e me ne dispiace. Gli volevo bene a quello scimmiottino. Che cosa dirà la mia buona fata, quando saprà che l'ho scacciato? Eppure, era lei che me l'aveva fatto ospitare fin qui, proprio in casa, consigliandomi a prenderlo per mio segretario e per mio compagno di viaggio!... Ma oramai quel che è fatto, è fatto, e ci vuol pazienza.
Mentre Adolfo parlava in questo modo fra sé e sé, gli parve che fosse bussato alla porta della sala e nel tempo stesso una vocina di fuori che disse:
- Signor Adolfo, che mi ha chiamato?
- Chi è? - gridò il giovinetto rizzandosi in piedi.
- Sono io.
La porta si aprì e comparve lo scimmiottino.
Aveva in piedi le sue scarpettine scollate e portava la testa ritta e impalata, perché il fazzoletto da collo, moltissimo inamidato, gli segava terribilmente la gola.
A quella vista inaspettata, è impossibile immaginarsi l'allegrezza di Adolfo. Andò incontro a Pipì, lo abbracciò, lo baciò, gli fece un mondo di carezze, come si farebbero a un carissimo amico, dopo vent'anni di lontananza.
Giurarono di non lasciarsi mai più e di fare insieme questo gran viaggio intorno alla terra.
Il bastimento sul quale dovevano imbarcarsi, era aspettato di giorno in giorno.
Finalmente il bastimento arrivò.
La sera della partenza, Adolfo e Pipì pranzarono insieme, come erano soliti di fare. E durante il pranzo parlavano di mille cose, dissero un visibilio di barzellette, e risero e stettero allegrissimi come due ragazzi alla vigilia delle vacanze autunnali.
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