Annuccia sapeva ch'era sempre il dolore che dava al bel viso della mamma quell'espressione. Ma che cosa aveva ella detto infine perché si rattristasse tanto?... Tutte le bambine avrebbero risposto così: - Aspetta un minuto. Guardo i miei canarini.
È vero: le parole non erano cattive, ma era il tono di voce di Annuccia che le rendeva tali. Esso era sempre risoluto, fiero, petulante, come i suoi occhioni neri che non mandavano mai raggi, ma sempre lampi. Sua madre lo disse seria seria: - Anna!
Null'altro: ma un'altra bambina avrebbe lasciato stare subito i canarini, e avrebbe preso i quaderni, confusa, senza osar di parlare.
Ma l'Annuccia non c'era caso che s'intimidisse.
- Oh mamma! che cosa ho fatto di male ora? - esclamò.
- Tu non obbedisci, come sempre. - E la mamma portò la gabbia de' canarini nell'altra stanza.
Annuccia si lasciò cader sul tappeto, singhiozzando disperatamente. - Le altre mamme non fanno così coi loro bambini! - gridava. - Luisa va tutte le domeniche alla lezione di ballo, e la sera resta nel salotto della sua mamma fino alle undici!... e io... io non posso neanche guardar i miei canarini, la domenica! ... e vado a letto alle nove!...
- Luisa è l'ultima della sua classe e tu sei la prima.
La bambina non s'aspettava una simile risposta e sollevò il viso dal suo grembiale bianco per guardar la mamma. Ma dopo un momento di riflessione rispose: - È appunto perché io studio, mamma, che tu dovresti lasciarmi un po' di libertà ne' miei giorni di vacanza!
- E i tuoi compiti?
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Annuccia Annuccia
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