- Trovo sempre de' ritagli di tempo per farli, lo sai bene.
- Ah! de' ritagli di tempo!... per i tuoi doveri! È forse nei miei ritagli di tempo che faccio i vestiti all'Annuccia? Che ordino il pranzo e bado che tutto vada bene in casa? No, non è vero? Perché quelli sono i miei doveri; e il dovere deve camminar sempre primo nella vita di tutti. È soltanto dopo che ho adempito ai miei doveri ch'io prendo in mano il ricamo, e leggo i libri che il tuo babbo mi porta.
Annuccia ripassava fra le dita con impazienza l'orlo del grembiule.
Quel che aveva detto la mamma era vero, e non poteva quindi più risponder nulla mentre aveva tanta ragione lei!... Il babbo entrò in quel punto, col soprabito e col cappello in mano. - Sapete ch'è una magnifica giornata? - disse con voce allegra. - Via, preparatevi, e andiamo a far una bella passeggiata fuori di porta!
- Non possiamo, Camillo - rispose la mamma. - Annuccia non ha ancora fatto il suo compito, né studiata la lezione.
- Come! alle tre non ha ancor fatto nulla! Annuccia corse a pigliar la sua cartella e si mise a frugarvi dentro levando in furia penna e quaderni.
- Rimarrà a casa sola - continuò il babbo. - Non c'e proprio nessuna ragione che la mamma si sacrifichi per una bambina così negligente. Vai a prepararti, Giulia.
La mamma uscì dal salottino, e Annuccia scoppiò in un pianto rumoroso, dicendo fra le lagrime e i singhiozzi:- Faccio presto, babbo!... Aspettate!... mamma, faccio... faccio presto! - E intanto scriveva in furia: "Problema d'aritmetica: un merciaio comperò metri 107.65..."
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Annuccia Camillo Giulia Annuccia
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