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      La buona fata si rizzò, riscotendosi, come se si ricordasse solo allora che stava parlando a una bambina di otto anni. Ma negli occhioni intelligenti di Annuccia lesse ch'ella aveva compreso, o almeno che ogni sua parola s'era scolpita nella memoria di lei, e un giorno ella ve le avrebbe ritrovate e le avrebbe certo capite.
      - E ora vai a casa, bambina mia. La mamma può essere inquieta - disse.
      - Oh, mi permetta di tornare - supplicò con dolcezza l'Annuccia.
      - No, piccina. Tu hai vicino a te una fata più buona di me, di cui devi essere la consolazione. È a lei che tu devi chiedere soccorso ne' tuoi piccoli dolori, è lei che tu devi render sempre contenta. Va': io prometto di rivederti il giorno che la tua mamma sentirà che la sua Annuccia è buona come è intelligente. Sei contenta?
      La bambina fece segno di sì, e sorrise commossa.
      - Oh che bel giorno sarà quello! - esclamò.
      - Un buon giorno, Annuccia! Addio.
      Un minuto dopo Annuccia scendeva dalla sua scala a pioli e rientrava nel salottino della mamma, turbata e inebriata come se avesse fatto un sogno.
      Il babbo e la mamma non erano ancora tornati e nessuno in casa s'era accorto del suo viaggio nel mondo della fata.
     
     
     
     * * *

     
      Sono passati cinque anni, nientemeno! da quel giorno. Una mattina del maggio passato, Annuccia saliva la gradinata della chiesa, vestita di bianco, con un velo bianco che l'avvolgeva come in una nuvola trasparente. Il suo viso era pallido e commosso, e i suoi grandi occhi neri e intelligenti guardavano innanzi con una espressione di bontà che le illuminava tutta la fisonomia.


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Giornale per i bambini
Antologia
di Autori Vari
Tipografia del Senato
1881-1883 pagine 360

   





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