Bisogna convenire che Trottolino non era un ragazzo riconoscente, perché il cavallo a dondolo glielo aveva mandato da Firenze lo zio Carlo, sperando di fargli una bella sorpresa per Natale.
Quando si fu sfogato, si messe a decifrare il nuovo abbecedario, e a un tratto gli parve che la stanza doventasse più scura, e che dalla porta più distante entrasse un uomo alto che camminava zoppicando.
- Nonno, nonno! sei tu? - domandò Trottolino dalla coperta di orso.
- Non sono il nonno, sono il Cavaliere Magico.
Trottolino si alzò per vederlo.
- Perché siete venuto qui - domandò timidamente a testa bassa e colle lagrime agli occhi.
- Ah! ah! - fece l'altro agitando nella mano scarna una lunga frusta e avvicinandosi al cavallo come se lo volesse incitare.
Gli saltò in groppa, prese nell'altra mano le redini, e - pare impossibile! - il cavallo incominciò ad impennarsi di qua e di là, mentre il cavaliere cantava:
Partiam, partiam, partiam,
Presto a casa ritorniam.
Cavallo e cavaliere avevano traversato la stanza oscura, erano giunti alla porta; scesero le scale a salti e a sbalzi, e intanto Trottolino, col libro sotto il braccio, li seguiva come in sogno.
- Ti dico che è mio! - esclamava agitando le gambette per raggiungerli.
Nel cortile venne fuori Giacomo, il vecchio somaro, e si messe anche lui a correr dietro al cavallo di legno, e in groppa al somaro saltò Tommaso, il vecchio servitore, e lo abbrancò per il collo, perché non aveva né sella né briglie; e tutti a inseguire il Cavaliere Magico e il suo corsiero, compreso Trottolino, che non sapeva nemmeno lui se doveva piangere o ridere.
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