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      CAPITOLO SECONDO.
      PUERIZIA.
      I primi ricordi della sua puerizia ci furono da lui stesso conservati in alcuni frammenti4 che io qui trascriverò fedelmente, nella certezza che il lettore avrà caro di sapere di prima mano ciò che nessuno meglio del Giusti poteva conoscere, ciò che io meglio del Giusti certamente non saprei raccontare.
      . . . . «Mi dicono che la lingua e i piedi mi si spiccicarono prestissimo; ma dopo una certa caduta fatta nell'undecimo mese, non ci fu verso per più settimane di vedermi camminare da me. In seguito vedremo che le cadute m'hanno sempre messo giudizio, e non mi son messo in via prima di sentirmi bene in gambe.
      » Le prime cose che m'insegnò mio padre furono le note della musica e il canto del Conte Ugolino. Paiono cose trovate, ma è un fatto che ho avuta sempre passione al canto, passione ai versi, e più che passione a Dante. Mio padre, che avrebbe voluto far di me un Avvocato, un Vicario, un Auditore, insomma un arnese simile, quando sapeva che io invece di stillarmi sul Codice, almanaccavo con Dante, dopo aver brontolato un pezzo con me e cogli altri finiva per dire: Già la colpa è mia.
      » La mia infanzia passò dal più al meno come passa l'infanzia di tutti. Portavo il cercine, andavo dalla maestra, imparavo la santacroce, mi legavano alla seggiola per castigarmi della disgrazia di appartenere alla famiglia dei semoventi, e via discorrendo.
      » Fra le mille cose delle quali vo obbligato a mio padre, vi è anche quella di aver badato sempre che le serve non mi divertissero coi soliti racconti di fate e di paure che fanno tanto pro al coraggio come se ce ne avanzasse.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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