Quello che si pescassero tutti in casa io non ve lo sto a dire; ma per quanto mi tempestassero d'intorno, non ci fu verso di levarne un numero, e la foglia del cavolo rimase un mistero per gli altri, com'era stata un vero nepente per me.
» Una terza volta (e questa la scontai) mio padre aveva i muratori in casa, ed io giocavo alla palla sulla piazzetta davanti. La palla andò sul tetto e mi rimase nel canale. Io corro su, mi fo mettere sul tetto da un manovale, vo sullo scrimolo, mi sdraio giù e comincio a raspare per il canale. Dalla finestra dirimpetto una donna cominciò a sbraitare come una disperata: Scenda, scenda per carità! Correte, pigliatelo, si precipita; — ed io lì duro come un masso. Corse la voce per casa fino a mio padre, che quando lo seppe proibì di far chiasso, venne sul tetto da sè, e senza gridare mi disse Oh! fai a modo e vieni qua. — Io mi rialzai e andai da lui tutto allegro con la palla in mano. Quando m'ebbe nelle mani, mutò registro ed ebbe un sacco di ragioni; ma in verità a me mi pareva d'aver fatto la cosa più naturale del mondo. Mandò via su due piedi l'uomo che m'aveva aiutato a salire, e messe me a dozzina da un prete della Comune. Ora incomincian le dolenti note.
» Questo prete in fondo era un buonissim'uomo, istruito per quello che fa la piazza, e soprattutto un uomo di mondo. Era stato istitutore a Genova e a Vienna per quattordici anni, e se avesse attaccato qualcosa di suo ai suoi allievi non lo so, ma a lui qualcosa di certo gli s'era attaccato.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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Scenda Comune Genova Vienna
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