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      Era poi impetuoso, collerico, di metodo tedesco perfettamente. Fui dato a lui per essere custodito e istruito: egli invece mi prese a domare, ma gli ho perdonato e non me ne rammento mai senza sospirarlo. Avevo sett'anni e a mala pena sapevo leggiucchiare e rabescare il mio nome; stetti cinque anni con lui, e ne riportai parecchie nerbate e una perfetta conoscenza dell'ortografia, nessuna ombra del latino insegnato per tutti i cinque anni; pochi barlumi di storia non insegnata: e poi svogliatezza, stizza, noia, persuasione interna di non esser buono a nulla. Il prete aveva molti libri, ed io tiravo a scartabellare per vedere i ritratti e le vignette; e leggevo poco o nulla. Fra i libri letti a conto mio, e bisognava che mi piacessero davvero, perchè avevo tutt'altra voglia, mi ricordo di un certo racconto sulla presa di Gerusalemme che avrò riletto sessanta volte, e mi rammento del Plutarco della Gioventù. Di tutte le Vite mi facevano gola quelle dei Pittori, dei Poeti, e dei Guerrieri. Questo prete aveva l'abitudine di passeggiar molto, e si strascicava dietro me per delle miglia, cosa che mi tediava e mi stancava moltissimo. In seguito sono stato e sono un gran camminatore ed un amatore appassionato delle passeggiate solitarie, specialmente su per i monti, e di certo questa passione la debbo al mio maestro. Aveva anche l'abitudine di dormire nell'estate dopo pranzo, e siccome non si fidava di me, e non aveva a chi consegnarmi, mi teneva chiuso al buio nella stanza ove era solito di fare la siesta.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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