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      In quel tempo il Giusti scrisse il seguente Coro che cantammo poi tutti insieme, palpitando e fremendo:
      Fratelli, sorgete,
      La patria vi chiama;
      Snudate la lamaDel libero acciar;
      Sussurran vendettaMenotti e Borelli;16
      Sorgete, fratelli,
      La patria a salvar.
      Dell'itala trombaRintroni lo squillo,
      S'inalzi un vessillo,
      Si tocchi l'altar.
      Ai forti l'alloro,
      Infamia agl'imbelli:
      Sorgete, fratelli,
      La patria a salvar.
      E ai fremiti generosi si accoppiavano le opere di cittadina carità: perocchè non passava emigrato bisognoso che non venisse speditamente soccorso; ed era bello vedere quei poveri giovani cenar talvolta con due soldi di pane, per vuotare la loro povera borsa nelle mani di chi soffriva per la patria. Se non che taluno non emigrato, spacciandosi per vittima ed essendo come gli altri soccorso, molti si dettero a quell'industria, e la cosa giunse poi ad un punto che dalle gran vittime non si riparava. Mi ricordo di uno che ci si presentò vestito benissimo con camicia di tela batista e guanti color di burro, dandoci ad intendere che stando per essere arrestato a una festa di ballo era fuggito vestito in quel modo. Fu creduto, e soccorso; il giorno dopo era alle Stanze e giocava da disperato. Una sera ce ne capita un altro con una lettera di raccomandazione, con certi occhialoni verdi col setino, lui vestito lacero, una fisonomia nuova, il quale dopo aver prima chiuso bene tutti gli usci ci dice sottovoce che è ferito . . . . — Oh Dio! esclamiamo; e dove? — Qui in questo braccio, e il peggio è che mi c'è rimasta la palla dentro.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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