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      E da quelle caverne sbucavano belve, e fiumi da quei condotti sotterranei, e applausi e fremiti: e l'erba che cresce su quegli avanzi non mi sviava dalle mie immaginazioni, tanto erano vive e profonde.... Quello che guasta Roma è il ciottolato e il fango grande. Una bella città lastricata male o mal tenuta somiglia a una stanza addobbata di ricche suppellettili col sudiciume in terra e coll'ammattonato sconnesso; ovvero a una persona vestita d'abiti ricchi e pomposi e colle scarpe rotte. Pochi volti, molti musi, moltissime grinte e ceffi e grugni d'ogni genere....
      » Da Roma andando a Albano per la via Appia, oltre i bei rottami degli antichi condotti, s'incontrano continuamente dei resti di rovine sparsi qua e là — par d'essere in un sepolcreto..... Da quegli avanzi di tempio che forse era di Giove (gli antiquari battezzano tutto, e anco nel Romano vi sono più sassi battezzati che uomini) vi è una veduta del mare, dei monti e del paese meravigliosa. Ora sotto quegli archi ci tengono i bufali: povero Giove! chi gliel'avrebbe detto?»
      A Napoli ebbe agio di stringer l'amicizia che già lo legava con quel Carlo Poerio, il quale, scontata poi con dieci anni di carcere la colpa d'aver mantenuto i suoi giuramenti, usciva alle dolcezze della libertà, all'aure delle campagne, all'amplesso degli amici, alla reverenza delle nazioni, mentre il suo scettrato carnefice si presentava al tribunale di Dio. E rivide pure, il fratello Alessandro Poerio, morto combattendo a Venezia. Quest'ultimo valente poeta scrisse al Giusti alcune ottave, delle quali mi piace riportar la seguente:


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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