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      Il carme tuo pien di saette volaChe fanno immedicabile ferita;
      È marchio la tua vigile parola;
      Sulle fronti dei Re s'imprime ardita;
      Nè per la turba letterata solaVa; ma su bocche popolari ha vita,
      Nella frequente via rapida scende,
      Là s'accampa e dà forza, e forza prende.
      Il Giusti in seguito lo ringraziò da par suo, dedicandogli Il Gingillino.
      «Pompei (continua il Giusti nel suo itinerario) è cosa unica nel suo genere, ma quelle pitture, quegli stucchi, mi rammentano i Romani ammolliti. Considerando la bellezza degli affreschi e delle statue, bisogna dire che l'arte appena è ritornata sopra i suoi passi. Ma l'aversi alle costole uno di quei soliti custodi a dirti qui russava Sallustio, qua si lavava le mani Cicerone, là si pettinava Livia, è una noia indicibile. Che m'importa di tirare a indovinare, quando so dicerto che là abitavano i Romani, e dalle gravi cure della Repubblica e dalle fatiche della guerra si ristoravano tra quelle delizie? Gli avanzi parlano da sè, l'animo gl'intende, e basta. Del resto, figure, ornati, quando si trovano intieri paiono fatti d'oggi se l'eccellenza dell'arte non ti rammentasse che noi siamo al di sotto. Come la reverenza dell'autorità cresce a ragione della distanza, così il pregio e la cura delle cose antiche si fa maggiore a misura che ci allontaniamo dall'epoca che le vide nascere. Il tempo consumandole pare che le faccia più grandi, e un avanzo, un resto, un frantume, parla più alla mente desiderosa di quello che non l'appaghi la bellezza d'un monumento intiero in tutta la sua magnificenza . . . . . Ora ne rimangono gli scheletri; ma appunto come da uno scheletro umano si può argomentare della bellezza e del vigore dell'uomo, così da uno di quei resti nudi e corrosi apparisce il bello e il grande dell'opera.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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