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      Mi conferma in questa risoluzione l'aver veduto quanto poco scrupolo si fanno certuni di mettere nelle péste gli amici e conoscenti, o per poca considerazione, o per zelo soverchio, o perchè trovandosi in salvo, non badano tanto per la minuta a chi può pericolare. Tacerò quei nomi, ma ne porterò meco la memoria e l'affetto come di cosa santa e preziosa al mio cuore, che tante volte si è confortato ed esaltato della loro amicizia.
      » Protesto più specialmente che non m'appartengono un Sonetto al Contrucci, Il Creatore e il suo mondo, uno Scherzo per la soppressione dell'Antologia, Le Croci del 1842, una Satira a Cesare Cantù, Il Giardino, Il Picciotto, e altre cose di questa fatta, delle quali non mi rammento, e che mi vergognerei d'avere scritte. Debbono essere d'uno di quei mordaci timidissimi, che urlano rimpiattati al primo che passa vendendo i loro bassissimi odii e le ire meschine come sante e nobili censure.
      » Se tu volessi parlare delle cose lasciate in tronco, potresti dire che oltre parecchi altri Scherzi meditava di scrivere un libretto su i costumi delle nostre montagne, in foggia di commento ai Rispetti che cantano lassù. Voleva riordinare e dare una forma agli appunti presi sulla Divina Commedia, lavoro nel quale non avrei forse fatto nulla di nuovo, ma raccolto e ordinato il meglio che ne è stato pensato. Voleva fare un'operetta sui modi di dire, scegliendo quelli da tenere in corso, da quelli ormai troppo vieti e da mettersi là. Soprattutto mi stava a cuore di condurre a termine l'opera pensata lungamente su i Proverbi, dei quali ho fatto raccolta giù giù giorno per giorno, per l'amore della lingua e della sapienza pratica.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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