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CAPITOLO DECIMO.
COSE VARIE.
Il Giusti frattanto riavutosi da questi acciacchi mercè le cure amichevoli dell'ottimo Enrico Mayer, il quale gli aveva aperto la sua casa e il suo cuore, dette in luce i versi di serio argomento, già da lui sparsamente pubblicati; e nella dedica che ne fece alla Marchesa Luisa D'Azeglio, tolse occasione di vituperare pubblicamente il contrabbandiere luganese,54 che gli avea rubato e sciupato gli altri suoi versi. Dopo di questo pensò di darli in luce egli stesso. A tale effetto tornò a limare quei componimenti che intendeva riconoscere per suoi; e quando le forze non gli bastavano alla fatica, la penna dalla sua mano passava in quella dell'amico Mayer. In questo tempo essendo io andato a visitarlo gli proposi di essere il suo editore; la qual cosa fu da lui accettata, e nel seguente anno 1845 col semplice titolo di Versi55 venne fuori la prima edizione delle sue opere da lui medesimo rivista e riconosciuta.
Scorsa in questa guisa l'estate, cedendo all'invito del medico Leopoldo Orlandini si recò a Colle di Val D'Elsa, ove rimase il seguente autunno. All'aria pura di quei poggi si riebbe un poco; cominciò a fare qualche passeggiata a piedi e a cavallo; gli tornò un po' d'appetito, un po' di forza, un po' d'allegria. «Ho raccapezzato (scrive a Gino Capponi)56 un cavalletto che mi porta qua e là per questi paesetti circonvicini, e col fare un po' a tira tira e un po' a compatirci torniamo tutti e due alla stalla senza gravi inconvenienti.» Passava poi la serata coll'Orlandini in letture piacevoli e soprattutto con Virgilio; con quel tal Virgilio che da tanti anni avea l'abitudine di portarsi seco a letto ogni sera che Dio metteva in terra, e lettone un duecento versi porselo sotto il guanciale e addormentarcisi sopra.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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