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      «Siamo tutti amici (scriveva il Giusti al Manzoni) da vent'anni in qua, tutti d'un colore, tutti sicuri l'uno dell'altro, e l'ora delle cinque che è l'ora della pentola ci mette la smania addosso e par che non venga mai, come quella dell'amore.»73 La penna stessa del Giusti non varrebbe a descrivere quelle ore lietissime in tal guisa passate. Chi conosce il Giacomelli, sa che ove egli è, non è permesso star seri.74 Il Giusti sembrava ritornato a nuova vita; sembrava quel Giusti del «tempo scolaresco buon'anima.»75 Divisi da tant'anni avevamo tutti molte cose da narrarci; i commenti che gli uditori via via facevano a questi racconti non eran meno graditi dei racconti medesimi. Gli epigrammi volavano da tutte le parti, e nessuno ignora che il Giusti li sapeva fare. Erano risate che ci facevan perfino lacrimare, e che facevano tanto pro specialmente al Giusti da fargli scrivere:76 «Io che in questi mesi di patimenti e di solitudine stavo col pover'a me d'aver messo giudizio, quel giudizio degno di piovere addosso colle grinze e coi capelli bianchi, non vi so dire con che piacere mi son qua ritrovato matto come prima.»
      Qualche volta ci leggeva le lettere del Manzoni, del Capponi, del Grossi e d'altri, che avea ricevuto quel giorno medesimo ed era un vero diletto, poichè leggendoci anche le sue risposte, ci veniva fatto d'assistere alle conversazioni che da lontano facevano fra loro quegli uomini illustri. Qualche volta ci narrava le sue avventure amorose e qui nessuno si rimescoli, poichè io posso affermare per la verità che nome alcuno non fu mai pronunziato.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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