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      DifattiVedete: il ciano invidia il bottegaio,
      Il bottegaio invidia il negoziante,
      Il negoziante invidia l'usuraio,
      E l'usuraio invidia il benestante,
      Quello i patrizi, e questi farabuttiIl sovrano, e il sovrano invidia tutti.
      Il lavoro non è finito, anzi è abbozzato appena. Io mi proverò qui a darne al lettore un'idea, raccogliendo per così dire le sparse membra d'Absirto.
      Stenterello come tutti sanno era comico: desiderando migliorare la sua condizione cerca ed ottiene un impiego dal Governo; poi è preso per liberale ed è condotto dinanzi al Commissario, il quale gli domanda se sa perchè l'ha chiamato. Stenterello risponde che nemmeno se l'immagina, non avendo mai avuto che fare col Tribunale, essendo un buonissimo ragazzo, e fa uno di quei discorsi lunghissimi e fuori di materia che in simili occasioni fanno le persone del popolo. Il Commissario impazientito, l'interrompe dicendo:
      La finisca con queste tiritereSe non lo sa glielo farò sapere.
      Sappia dunque che consta al Tribunale,
      E perciò appunto l'ho chiamato qui,
      Che lei Signor Porcacci è un liberale.
      — Liberale? — Gnor sì — Come? — Gnor sì.
      — Ma Gesù mio non mi faccia patire,
      Ma liberale che vuol egli dire?
      — Che vuol dire? rispose, eh signor mioNon faccia il nesci, non faccia l'inetto,
      Cosa vuol dire? Glielo dirò io:
      Vuol dir che lei è un pessimo soggetto,
      Un nemico d'Iddio nato e sputatoUn che congiura a danno dello stato.
      Come! aiutar le brighe oltramontaneLegarsi, congiurar di sotto mano
      Un impiegato, uno che mangia il paneDel nostro amorosissimo sovrano?


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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