Ma giacchè ci siamo, vo' dirvene anco un'altra. Assuefatto a dirle chiare sempre al più forte, io credo che ora per poter dire di continuare a esser liberi davvero, bisogna dirle più ai popoli che ai governi! Ora i governi sono come tanti Re Travicelli: ogni ranocchio ci canta su. Per me adulare i galloni o adulare i cenci è la stessa minestra, e la mangi chi vuole. Chi dice canaglia di poveri, e chi dice canaglia di ricchi, credo che bestemmi ugualmente davanti a Dio e davanti agli uomini . . . Fermato questo, intendo che ognuno rimanga libero nella sua opinione, e non sono della risma di certi miei conoscenti, i quali amano tanto la libertà che la vorrebbero tutta per sè. Quando c'è di mezzo il galantuomo, pecca di intolleranza il costituzionale che chiama ladro il repubblicano, e il repubblicano che chiama ladro il costituzionale. La calunnia è sempre calunnia, o inalberi il giallo e nero, o inalberi il rosso, o inalberi il tricolore. Le ingiurie sono ingiurie a Pietroburgo come negli Stati Uniti, e le maschere sono maschere di carnovale come di quaresima.
» Il prete o il frate che predica dal pulpito, San Radestki, è un briccone; il capo-popolo che predica in piazza, San Cabet, è un altro briccone.
» Chi combatte la guerra d'Italia in pro d'una dinastía, è un gabbamondo; chi la combatte per diventar presidente della repubblica una e indivisibile, è un gabbamondo anche lui.
» Chi inganna il popolo, abbia in capo la corona o ci abbia il berretto frigio, è un furfante; chi lo spinge al macello standosene in casa, sia re o demagogo, è un codardo crudele.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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