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      Io son fatto in un certo modo, che non mi maraviglio di nulla, nemmeno degli oggetti più strani; invece quando vedo o quando sento qualche cosa di straordinario, provo una segreta agitazione, la quale, senza sconcertarmi, mi eccita talmente, che in quel momento mi pare di elevarmi sopra la mia stessa natura; e a grado a grado le mie idee prendono un corso migliore, nè v'è cosa che io abbia letta o pensata, che in quel punto non mi torni in mente lucidissima. Quest'effetto io lo provai conversando con quell'uomo grande. Non mi ricordo d'essere andato mai in nessun luogo con tanto raccoglimento, nè con tanta esitanza, con quanta me ne sentiva nell'animo strada facendo il giorno che da casa mia andava alla sua villetta, pochi passi distante da Pescia. Giunto lassù, trovai sul davanti della casa due signore, una delle quali era cognata di Sismondi, l'altra moglie: questa mi fece un'accoglienza cortese quanto mai, e m'introdusse da suo marito. Bisogna che tu sappia che egli era grande amico del padre di mia madre, e che nel 99, come raccolgo da una sua lettera diretta a quello fino dal 1802, si trovarono prigionieri insieme qui in Pescia nel Convento di San Giuseppe; per la qual cosa non fa maraviglia se mi usò ogni possibile gentilezza. Il discorso si aggirò sopra vari soggetti, ma per lo più parlammo di storia. Disgraziatamente v'era qualcun altro che non intendeva il francese, ed esso, che è tutto compíto, parlò sempre italiano, nè la lingua per un'assenza sì lunga o per l'uso continuo della francese gli è si famigliare che qualche volta i termini non facciano ostacolo alle idee.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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