Venne in campo la letteratura francese, e qui parimente si mostrò dell'opinione più moderata, e disse quello che molti dicono, che il genere non può durare. Mi consigliò a non fidarmi tanto dei giornali, perchè essi non rappresentano che l'esagerazioni dei partiti tutti; perchè sono scritti per lo più da giovani che non veggono più in là di quello che mostra loro la facile sapienza del giorno. Per i molti guadagni che provengono al giornalista, tutti coloro che hanno prontezza di spirito si gettano a questo ramo di commercio, contenti per lo più di appagare il pubblico con le apparenze del vero, e di conseguire la fama di ventiquattro ore, lusingando le passioni dell'epoca.
Gli chiesi se conosceva Mazzini, e mi disse che gli era stato raccomandato anni sono, quando partì da Genova la prima volta, e che aveva conosciuto in lui molta capacità. Lo ebbe a pranzo seco, e continuò una corrispondenza fino a tanto che quei trecento refugiati condotti da lui non tentarono qualche novità in Svizzera. Allora parendogli che il fine fosse un sogno, e non punto legali i mezzi per conseguirlo, perchè si trattava d'impadronirsi dell'arsenale di Genova, per servirsene ad occupare la Savoia, interruppe ogni relazione con esso, e non ne ha saputo più altro. Allora fu che scrisse l'opuscoletto — Consigli d'un amico ai refugiali politici, — che m'ha dato a leggere. Pure anco su tal proposito questo Svizzero eccellente non si dipartì mai dalla schiettezza e dall'osservare ogni riguardo possibile.
Mille altre cose mi disse, le quali ora la memoria non mi suggerisce, tutte piene di sapienza e tutte degne di quella mente che sotto le apparenze della vecchiezza conserva il brio degli anni migliori.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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Mazzini Genova Svizzera Genova Savoia Svizzero
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