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      A quel secolo era dovuta la penna di Tacito, e a farlo apposta non ne abbiamo che una sfumatura nelle aride cronache e nelle leggende del tempo. E se non ce lo rappresentasse, come in uno specchio, il gran poema, stenteremmo pure a formarcene una giusta idea. Di là può attingere colori e anima chi prende a riprodurci quegli uomini e quelle cose. Uomini, che nello svilupparsi della barbarie vi si implicano, quasi direi, più che mai per sovrabbondanza di vita: cose, che influite o influenti risentono dell'epoca indecisa e tempestosa. Grandi, infiniti errori, allato a poche ma credute verità; delitti, atrocità inconcepibili, e virtù che non ebbero imitatori; tutto lo stato, l'individuo, nulla o quasi nulla; amato il suolo, le mura natíe, come la tana dalle belve; ignoto o non inteso il nome di patria. Quello che dice il Botta delle storie del Guicciardini e del Machiavelli, si potrebbe dire del medio-evo in generale,e il sistema d'Elvezio trova là il suo appoggio.
      Di me le dirò quel poco che ho fatto, e che ho volontà di fare. Mi sono francato nello studio di Dante, e con un'altra passata spero di potere andare da cima a fondo senza grucce. Questo mi ha invogliato di dare una rivista ai trecentisti, e per quattro o cinque mesi non farò altra cosa. Fresco dello studio della lingua ripulirò e compirò quattro satire che ho abbozzate: I falsi Liberali; I Letterati; I costumi del giorno; Il mondo peggiora. Quest'ultima sarà presso a poco sul gusto di quelle spedite a lei nel mese passato.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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