Premetto che il buon uomo sente doppia ambizione di medico e di donnaiolo, ma fino a qui da' suoi scritti emerse l'Ippocrate, e sarebbe stato eternamente perduto per noi l'altro merito di donneare a guisa di leggiadro, se non veniva fuori il cholera. Questo gli suggerì il modo (che noi Toscani ribobolisti diciamo) di prendere due piccioni a una fava. Cercatene la Lettera della dama e la risposta (che ha l'aria d'essere stata scritta prima), e vedrete.
Ma voi forse non v'accorgete che io mi studio di dare nel bernesco, per farmi strada a parlare della vostra Pulzella. Quantunque quel buono ascetico di Tommaseo fosse un poco scandalizzato per la scelta dell'originale, io, più mondano, vi starò sempre alle costole, perchè vi affrettiate a finircene la gaia e franca traduzione. Dico finircene, perchè ho contratto l'obbligo di stimolarvi anco col nostro amenissimo e caro Momo, il quale pare che non si contenti d'esser chiamato figlio d'un uomo dotto, se insieme alla dottrina non è acclamato il buon umore di suo padre. Siatene dunque cortese a lui, se non vi sentite mosso bastantemente ad esserlo con me, che non gli cedo punto nel desiderio che me ne lasciarono quelle poche ottave.
Il secolo è tristo ossia serio, e non vorrebbe che si ridesse; ma la razza de' filosofi ridenti non è spenta, e aumentano di giorno in giorno i moventi del riso; nè mi so decidere se convenisse ai tempi il sale urbano del nostro buon ser Lodovico, o l'inurbana acrimonia di quel
. . . . . . . prete pazzo . . . . .
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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