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      Addio.
      12.
      Al Professore Luigi Pacini. — Lucca.*128
      Firenze, 6 marzo 1838.
      Mio caro Professore.
      Ricevo una vostra lettera gentilissima, quanto più inaspettata tanto maggiormente gradita. Siete veramente cortese e discreto nel vostro desiderio d'avere qualcuno dei miei ghiribizzi i quali mi sono proprio caduti dalla penna di quando in quando seguendo non l'arte ma l'impulso dell'animo, inclinato a scherzare sopra le umane ciarlatanerie. Giorgini, per zelo d'amicizia, temo vi faccia travedere sul conto mio, perchè in fondo in fondo sono come quelli che cantano a orecchio, e se qualcosa di meno peggio in questi ultimi tempi m'è venuto fatto, attribuitelo, più che a me, agli illustrissimi o plebei burattini che mi capitano continuamente sott'occhio in questa Capua degli studiosi e dei galantuomini.
      Non ho inteso quali dei miei versi voi desideriate specialmente, ma siccome in questo momento non potrei mandarvene alcuno per avergli tuttora tutti sconnessi e smozzicati, faremo così: cercherò quanto prima di riordinare qualcosa, e poi per qualche mezzo vi farò avere ciò che avrò messo in ordine; per ora sono in uno di quei periodi di apatia connaturali a me fino dall'infanzia, e non so nè posso far nulla. La penna mi pare di piombo, e il cuore e il cervello mi si fanno di sughero.
      Abbiate pazienza dunque, tanto più che non perdete nulla; e poi non sarà che una dilazione. Vi sono obbligato oltremodo della bontà che mi dimostrate, ma vi prego a non darmi titoli e a non lodarmi, perchè in verità sono nemico dei nomi fastosi e delle lodi quand'anco mi vengano da amici e da animi sinceri come il vostro.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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