A nessuno, come diceva di sopra, scriverei in questa guisa, perchè temerei che mi fosse imputato a raffinata ipocrisia questo schietto sentire di me; ma tu sai da gran tempo come son fatto, e più lo saprai in seguito, e vedrai che non ho mentito.
Dio mio! ho scritto senza avvedermene quattro grandi pagine, e non ho parlato delle tue incombenze.
22.
A Giuseppe.....
Mio caro Beppe.
Vorrei un parere schietto e amorevole, parere da fratello, non da letterato, che Dio ce ne guardi. Leggerai questo Scherzo, e mi dirai alla tua maniera l'impressione che ti fa. Troverai che ho un poco lussureggiato specialmente nella veste, e l'ho fatto, (che serve mascherarsi?) per vanità di mostrarmi disinvolto nei diversi metri. Pure, se credi che valga la pena di guardare addentro, vedrai che non sine quare, e che la varietà degli accidenti e delle persone introdotte, voleva essere presentata nelle forme respettivamente convenienti alla materia e all'indole di chi parla.
Oggi ognuno che per buone o per male arti perviene a farsi ricco, vuole che si dimentichi o la sola bassa origine, o la bassissima vita. Ma il nastro, la commenda fondata in barba alla legge buon'anima contro le mani morte non gli quieta l'animo, anzi lo fa dispregevole ai patrizi intarlati dal lusso e dall'ignavia, e ridicolo ai popolani. Dimodochè non gli rimane da consolarsi che nel suono delle monete, e nelle borse servitoresche dei Pitti. Su queste basi invece di fare una dissertazione, ho fabbricato questa bazzoffia. Vedi un po' cosa diavolo ho fatto, chè io per me ci ho fatto la testa, e sappimelo dire.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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