E molto più mi riprometteva un esito, vedendo che fatti adulti facilmente si piegano alle opere ed ai mestieri ai quali, sebbene popolatissimo, non presta il paese tante braccia quante abbisognerebbero.
È stato parlato di scuole, di pie istituzioni, ma il fatto sta che noi per questo lato siamo privi affatto d'ogni risorsa, e chi ha figli non si sgomenta a nutrirli ma ad educarli. Il voto comune è un istituto qualunque che tolga i fanciulli all'ozio e alla dissipazione, che lasci ai padri e alle madri tutto l'agio di attendere alle loro incombenze, fatti sicuri dal continuo timore di vedersi tornare a casa il loro bambino mutilato o guasto.
Ma questo voto non si manifesta così aperto e così universale come in fatti è sentito nel cuore di tutti, perchè al solito coloro che dominano il paese, o con le magistrature o con l'opinione, sono alieni o ignari di tutto ciò che può essere utile e lodevole. Altri che farebbe, ne è impedito dalle cure domestiche o dai traffici, o sgomentato dalle contrarietà che è d'uopo affrontare: altri non è ascoltato, o se ascoltato, avuto in sospetto di novatore. Pure la cosa anderebbe, se un forte volere raccogliesse in uno i desiderii parziali e li dirigesse allo scopo. Manca chi unisca o chi dia l'impulso: una volta messi sulla buona via, crederei che non dovessero arrestarsi.
Vorrei dunque provarmi io ad accozzare questi elementi sparsi qua e là, e vedere se in qualche modo possa soddisfarsi alle vedute del secolo e ai nostri primi bisogni.
Converrà cominciare, per dar meno ombra (giacchè fatalmente una scuola oggi si riguarda come un attentato di maestà), dalle fanciulle; e se l'occuparsi di questo sesso troppo lodato e troppo dispregiato è bene per tutto, è benissimo qui ove le primarie famiglie abbondano di fanciulline condannate per ora ai racconti delle fate, ai pettegolezzi delle serve e delle maestre; dico che è benissimo, perchè interessando in questo modo i ricchi, possiamo conseguire il fine per via più spedita.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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