Lasciamo una volta gli scritti dei nostri padri come essi medesimi vollero che stessero, e coll'amore per l'opera loro vada del pari la reverenza. Leveresti tu una tavola di Raffaello dalla cornice che egli medesimo ci avesse intagliata appositamente? Togli una tela, un affresco dalla luce propria, e vedi cosa rimane.
Non sarà l'ultimo pregio della tua nuova edizione questa religiosa osservanza: pensaci, e condona all'amore del vero e alla familiarità che passa tra noi, se io mi sono fatto avanti a consigliarti senza esserci invitato.
Addio, mio caro Torri; abbi cura della tua salute.
39.
A Adriano Biscardi.
Caro Adriano.
Per mostrarmi riconoscente al desiderio che mi mostrasti un anno fa, d'avere qualche cosa scritta da me, ti mando questi pochi Versi, i quali, per dire il vero, non avrei amato che fossero veduti così apertamente da tutti, se in quest'epoca di ciarlatanismo pusillanime, non mi fosse parsa grettezza, anzi miseria di spirito, l'occultare i propri sentimenti comunque manifestati. Il vero è uno, e sia detto austeramente o colle labbra atteggiate al sorriso, non mi pare che rimetta della sua dignità. Scrivendo, non ho mai pensalo allo stampatore, e molto meno al censore. Ho interrogato il mio cuore, e m'ha detto: A questi orangotanghi Iddio non concesse intelletto da scuoterci ai sublimi concetti di Dante: ebbero bensì una pelle, — la frusta gli conviene più del fulmine, nè tu forse sapresti maneggiare quest'arme degli Dei.
Ho gettate sulla carta le mie idee giornaliere con più garbo e con meno affettazione che m'è stato possibile, desiderando in premio non un articolo di giornale, ma una stretta di mano di più da un amico.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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