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      (Non continua.)
      46.
      Ad Andrea Francioni.
      Pescia, 1 ottobre 1840.
      Mio caro Drea.
      Sono stato un pezzo fra il sì e il no; finalmente ho risoluto di scriverti, e mandando da parte la modestia, dirti qualcosa della conoscenza fatta con Giordani, molto più che lo scuolare discreto e riconoscente deve imputare a sè stesso il biasimo, e dividere la lode col maestro.
      Sebbene avessi una lettera di Samuele Iesi, dovetti presentarmi da me come faceva il Pacchiani. M'avevano detto che gli ero già entrato in grazia per qualche strofa volatagli all'orecchio, e di fatto m'accolse come se m'avesse veduto altra volta. Passeggiammo insieme, perchè quando andai a trovarlo usciva appunto di casa, e parlò di molte cose e mi domandò di mille altre, specialmente riguardo agli amici e conoscenti; e puoi figurarti se io l'attastava, e se teneva gli occhi spalancati. Eravamo invitati a pranzo da una bella e cortesissima signora, e là dove sperava di bevere largamente più le parole di un uomo di quella fatta che le bottiglie di Sciampagna, trovai invece il luogo del mio trionfo. Lasciami dir così e non mi tacciare d'arroganza, tanto più che di costà non hai veduto il rossore che m'è corso sul viso scrivendo trionfo: ma fu trionfo veramente quale non mi sarei mai aspettato. Avanti d'andare a tavola, fra un piatto e l'altro, dopo desinare, mi fecero vuotare il sacco delle corbellerie. Non ti dirò altro che Giordani ne rimase contento fino a commuoversi per tre volte. Uscimmo insieme e passeggiammo a lungo. Quello che mi disse non lo scriverò, ma concluderò con assicurarti che rimasi curvato, anzi annientato dal peso dell'approvazione di lui.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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