Triturato che è il cencio e ridotto a una pasta liquida come un latte denso, passa per un canale nello stanzone più basso, ed è raccolto in due grandi tini, nei quali gira continuamente col moto generale dell'edifizio un ferro chiamato agitatore, acciò la pasta lasciata ferma non faccia sedimento. Sbocca dal tino e si spande sopra una gran lastra di ferro; larga appunto quanto deve essere il telo della carta, e da questa lastra passa sulla tela d'ottone che si ripiega continuamente in sè stessa, ed ha un moto ondulatorio come quello che fa il lavorante facendo la carta a mano col metodo antico. Dalla tela d'ottone è raccolta da un cilindro foderato di feltro, e quindi da altri due cilindri parimente foderati di feltro che la strizzano e ne fanno scolare ogni umidità; e da questi passa per altri quattro o sei sotto i quali è il vapore per asciugarla; scaturisce da questi, e passa bell'e asciutta e croccante sopra due grandi cilindri a guisa d'aspo che la dipanano, e di lì in una gran tavola a guisa di vassojo, sulla quale via via si taglia e si trasporta nei magazzini. Tutta questa operazione è l'affare d'un minuto e mezzo o di due: vedi se era cosa da far dimenticar tutto. Quello che stamani alle sette era un cencio, oggi alle quattro è una lettera bell'e impostata. E bada che io te ne do ragguaglio così alla grossa, e come può darlo, dietro la prima impressione, uno che non sa un ette di meccanica; che se poi la vedrai, quello che te n'ho detto non ti salverà dalla maraviglia: t'avverto però che per averne maggior diletto tu vada prima a vedere come si fa la carta.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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