Ricorditi, lettor, se mai nell'Alpe
Ti colse nebbia, per la qual vedessiNon altrimenti che per pelle talpe.
Addio le speranze di veder nascere il sole, addio la bella veduta delle pianure bolognesi e modenesi da un lato, e del paese toscano dall'altro; pure il trovarsi lassù, non vedendo altro che pochi palmi di terreno davanti e d'intorno, non udendo voce nè d'uomo nè di altro animale, cinti da un oceano di nebbia, come una famiglia che scampi dal diluvio universale, ci compensò d'ogni perdita e ci fece gustare l'orgoglio d'essersi trovati in quelle tenebre. La nebbia si diradò, e tornò a riaddensarsi più volte; finalmente sgombrò, ma non mai da lasciarci vedere gran tratto di paese. E vedi: quando si riaddensava, si vedeva scaturire giù dai burroni di quelle vallate e venire su su lenti lenti a guisa di fumo denso quando l'aria è morta, certi fiocchi bianchi come di cotone, che poi allargandosi diventavano del color della cenere, come nota benissimo la scrittura. Vicino ad Corno alle Scale udimmo una voce, e la guida disse: Sarà qualche contrabbandiere. Ma invece era uno del Modanese che andava a raccogliere certi funghi che produce la ceppa del faggio, chiamati dalla loro figura lingue di faggio, delle quali si fa l'esca. Gli si disse: Dopo l'invenzione dei fiammiferi il guadagno che dà l'esca sarà poco o nulla? — Eh! sicuro, rispose nel suo accento, ma da noi gli hanno proibiti, e tanto si campa. E nota bene che questa proibizione che è anco nel regno di Napoli e nel Torinese, è stata motivata da alcuni incendi prodotti dai fiammiferi per incuria di chi gli adoperava, come se lo stesso non potesse accadere coll'esca e colli zolfanelli.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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