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      Alle pareti lą un gran rastrello di pentole, di tegami e di piatti, inghirlandati d'auregio, come dicono loro, o di lauro regio, come diciamo noi; qua appesi al muro paioli, schioppi, seghe, padelle, vanghe, pennati, scarpe di vacchetta, cazzarole, spadonacci e alabarde, e sotto impastato il lunario, la storia «Passa da casa e fistiami,» il sonetto per la festa della Santa tutelare, e accanto Sant'Antonio e compagni. In mezzo alla cucina una gran tavola apparecchiata; e sopra, fiaschi, terzini, bocce, forme di cacio, piatti di brigidini, un gran tovagliolo per la polenda, la grattugia e un cappello. Intanto le penne pił minute, o fosse aperto qualche riscontro, o che la gran fiamma movesse l'aria di soverchio, volavano qua e lą sui piatti, nei bicchieri, nel foco e nella padella delle bruciate, cosa che fece risentire il maestro bruciataio che gridņ alla serva: — O che in tanto tempo che pelate, non avete ancora imparato a pelare? — E ora chi vi stuzzica voi costą? (rispose subito quella). — Chi mi stuzzica? Voi che mandate tutte le penne per la stanza. — To', bella! o che ce le mando io? avete voglia di brontolare eh? faresti meglio a guardare a codeste bruciate di non le arrivar troppo, al solito. — Badate a voi, pettegola; vedete, ecco dell'altre penne; tiratevi pił lą col corbello, allocca; non lo sentite che puzzo? piglierą ogni cosa di strinato. — Di lą era nato un gran patassķo; ma noi attenti a quel dialogo non ci avevamo atteso. Era il Dottore di ritorno colla preda; di fatto eccotelo in cucina dietro a tre pezzi di maschiotte tutto affannato a spingersele avanti come una brancata.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





Santa Sant'Antonio Dottore