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      — domandava che ore erano, e Dio sa quanto si pentiva d'aver costretto a rinculare l'oriolo di sala.
      52.
      A Giuseppe Montanelli.
      Caro Beppe.
      Mi dicono che tu sia stato ammalato, nè m'è riuscito sapere la qualità del male, il principio, nè la durata della malattia. Siccome le male nuove, come il cerchio, tanto acquistano quanto si allontanano dal centro, spero che non sarà gran cosa, e che le lodole e i tordi dell'ottobre avranno avuto il passaporto del caro Professore Centofanti per passare dai felicissimi stati del tuo regno digestivo. Vedi che se fossi nato due secoli fa, sarei stato uno dei più abili secentisti. Ma il nostro decimonono ha lasciato definitivamente le aurore stemperate, i soli che bagnano, e i fiumi che asciugano, e si tiene all'ansia del core, al burrone, alla vallea, alle nubi veleggianti per l'aere, alla valanga ec. ec., tutte voci e frasi spettanti al lessico, del quale a questi lumi di luna non può dispensarsi chi aspira a un briciolino d'eternità; eternità circoscritta talvolta dalla cattiva digestione d'un giornalista che non è affatto il Balì Samminiatelli, ma ipocrita e ciarlatano sicuramente per un altro lato. E tu hai veduto a Pisa taluni fare col Nistri come la tessandola fa con la massaia, tela e articoli a un tanto il braccio. Ma è mestiere universale europeo, e non v'è che la differenza d'esercitarlo con più o meno coscienza, e vi sonoGiornalisti Quacqueri
      Giornalisti Ebrei
      Giornalisti Cattolici, Apostolici Romani,
      e (quasi in appendice)
      Giornalisti Cristiani e galantuomini.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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