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      Facciamo così: legga e faccia leggere agli amici queste due cosucce che le accludo, l'una seria e l'altra mezza e mezza. Se passeranno alla censura loro, quella dei reali e imperiali norcini non credo che ci possa avere difficoltà. Ma la prego di non usarmi pietà nè misericordia, e di scartarle alla bella libera quando non le vadano a genio. La madre, gli affetti della quale ho cercato d'interpetrare in questi pochi versi semplici e nudi affatto di ornamento poetico, non è la Giulia di Rousseau, nè la donna libera di Saint-Simon; è una donna nostrale, una donna da casa. La troppa dottrina e il poco ritegno nuocciono del pari alle donne. Le dottore peccano per calcolo o per vanagloria, e non hanno di bianco che la sola camicia; dalle donne sciolte affatto dalla patria potestà dell'uomo, parli Madama.... e quel Giorgio.... la cui romanzesca lussuria impesta, se non altro, la mente delle femmine francesi, femmine intendo tanto in gonnella quanto in calzoni. Sarà felicissima l'umana società quando la donna con un libro, basta che sia, potrà compensare gli aborti, i bastardi e gli adulterii! Evviva i nostri futuri destini! Ma zitti per ora; può essere che un giorno o l'altro mi spieghi meglio su questo argomento.
      Quei sedici versi poi (versi bicolori che sono uno dei miei soliti attentati contro la legittimità dei metri aristocratici) sono versi d'occasione da bruciarsi appena fatti. Pure siccome l'animo mio non mi pare che ci faccia trista figura, soffrirò le fischiate fatte all'ingegno.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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