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      Temei non senza fondamento d'un principio d'ostruzione al fegato, e buon per me che non sono apprensivo. Adesso la malinconia e l'irritabilità, consueti sintomi di quel male, svaniscono lentamente, e credo che al principio dell'anno prossimo sarò tanto sano da non temere di tornare ad ammalarmi a Firenze. Spero che ci vedremo, e se ne avrete la pazienza, leggeremo qualche mio ghiribizzo, e voi avrete la solita bontà per me e m'incoraggirete a far meglio.
      Ho scritto a Montanelli; pure salutatelo da parte mia, e date per me un bacio di buon augurio al nostro Professore. State sano e vogliatemi bene. Addio.
      55.
      A Giuseppe Montanelli.
      Mio caro Beppe.
      Ho saputo con grandissimo piacere che sei Professore. Con chi debbo rallegrarmene? con te, con chi t'ha scelto, o coll'Università medesima? Con tutti, perchè il merito è tuo, ma l'onore è diviso: goditi questo posto, il più bello che sia dato occupare agli animi liberi sotto governi assoluti; non ti paia vero di esserti salvato dal laberinto del Fôro nel quale s'intrica l'intelletto, il cuore e la coscienza, e siano pure della tempra che gli hai tu. Voglio moltissimo bene a Giorgini per molte cose, ma specialmente per questa di non lasciare in un canto, come per lo più s'è fatto fin qui, i giovani, quasi che le grinze e i capelli bianchi fossero il meritometro. Ora noi, venuti su in un tempo nel quale per la bocca degli uomini questa dolce parola «Fratellanza» credo che ce ne sia andata giù nel core qualche particella, come accade a chi si sciacqua i denti, ed è per questo che gli studenti d'ora non si troveranno a vedere una nuova mandata di Bramini pettegoli, togati e imberrettati, che da una cassetta di legno alta tre braccia esercitano sulle zucche sottoposte la villana autorità magistrale.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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