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      La prego a non far complimenti con me, e soprattutto a lasciare in un canto per chi le vuole certe frasi di lodi, di rispetto ec. Come vedo agonizzare il Chiarissimo delle sopraccarte, così vorrei che fosse del resto. Non sia detto di noi repubblicani mangiatori di gazzette che abbiamo ereditato sotto forme diverse il midollo dei servitori umilissimi. Se non che nelle lettere, sesto, data, piegatura, sigillo, hanno fatto un gran rivoltolone, e il vario colore della carta simboleggia l'iride dell'opinioni. Per questo io non carteggio mai nè con uomini nè con donne, prima d'avere facoltà di scrivere in carta sugante.
      Mi creda di cuore suo ec.
      57.
      A Silvio Giannini.
      Pisa, 1° dicembre 1840.
      Caro Giannini.
      A correggere quelle poche cose fatte nel corso di quest'anno non mi basta il tempo. Sia scrupolo, sia coscienza, non posso mandarle come sono. Nei giorni passati era veramente sgomento, perchè in ogni modo voleva osservare la promessa, quando mi son rammentato d'aver fra le cose decrepite una filastrocca di versi scritti in un tempo nel quale il fuoco della gioventù e quello dell'amore mi scaldavano il petto e la fantasia. (Non le faccia maraviglia che io mi confessi così libero di cose che molti cercano di nascondere, quasi vergognandosi d'aver amato, perchè credo infelice chi non ha mai saputo cosa voglia dire amare davvero.) Troverà in questi versi abbondanza soverchia, mille cose ripetute, e quel non so che di mistico e d'aereo che oggi è di scuola; io però quando gli scrissi non ascoltai che il bisogno del cuore, e non mi parve di dir troppo.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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