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      Se i tuoi superiori, contenti di te, ti faranno conoscere d'averti caro sopra degli altri, mostratene grato, ma non te ne insuperbire, non te ne approfittare mai per soverchiare i compagni. Se poi vedi che altri sia accarezzato più di te, cerca di fare il tuo dovere e di meritare altrettanto, ma non invidiare mai nessuno. L'invidia, mio caro, è la passione più brutta, più tormentosa, più vergognosa che possa contaminare il cuore dell'uomo. L'invidioso sentendosi turpe e meschino appetto agli altri, e inetto nel tempo medesimo a togliersi di dosso e la turpitudine e la meschinità, vive in guerra e in angoscia continua con sè e con altrui. Tu ora non hai e non puoi avere nell'animo il germe di questi vizi nefandi, ma l'esempio di qualcuno potrebbe insinuarcelo; riguardatene per amore di te stesso, per amore dei tuoi, e anco per amor mio.
      Quando t'avvenisse di cadere in qualche errore, se questo tuo errore potesse nuocere agli altri, confessalo liberamente anco senza esserne richiesto. Avresti piacere di soffrire per cagion d'un altro? Non permettere che altri soffra per cagion tua. E poi chi confessa un errore ha già cominciato a correggersi. Questa cosa ti costerà sulle prime, ma poi t'empirà l'animo di quella sodisfazione che si prova a darci per quello che siamo, e a procedere con lealtà.
      Ora ti dirò qualcosa in quanto agli studi. Rispetta sempre colui che t'ammaestra. Quelli che si danno cura di comunicarti il sapere, ti mettono a parte di una possessione inestimabile, anzi dell'unica possessione che l'uomo possa accrescere e serbare gelosamente senza vergogna.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416