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      Con ciò non presumo d'offrirti me stesso per esempio; ma siccome ho veduto che mi vuoi bene e hai della fiducia in me, credo che palesandoti ciò che accade a me resterai più facilmente persuaso di quello che ti consiglio di fare.
      La via che prendi è tutta amena, tutta fiorita di rose. Molti la sognano ingombra di spine, e veramente si sentono queste spine tra i piedi perchè l'hanno nella testa. Prendi piacere allo studio, e vedrai che io non t'inganno.
      Come t'ho abbracciato mille volte fanciullo, compiacendomi di vedere in te tanta vivacità, tanta ingenua gentilezza, tante ragioni di sperar bene del tuo cuore e del tuo ingegno, vorrei di qui a qualche anno abbracciarti avvalorato negli studi e pieno del bisogno di percorrere la carriera dolce, e perchè dolce, agevole, della scienza. Ci ritroveremo allora in mezzo a questo turbine di cose, tu lieto di tutto il vigore, di tutte le speranze della giovinezza, io per l'età mia allora più seria e oramai declinante, mesto, stanco, e forse nauseato della vita. Pure mi sarà sempre di somma dolcezza porgerti nuovi e più utili e più maturi consigli di quelli che non valgo a darti ora.
      Accettali come sono, e prendi un abbraccio e un bacio.
      60.
      Caro Amico.
      Immagina uno che abbia sortito dalla natura un cuore e una mente capaci di qualcosa; assuefatto a credersi il primo e il più bello della Cura, perchè la casa sua è l'unica di quel luogo che abbia le persiane o che rimetta più olio o più farina di castagne; che abbia imparato dall' a b c fino a spiegare le selectæ e veteri testamento o dal maestro della Comune, o dal Proposto; che a quindici anni, durotto la parte sua, gretto di modi e anco un po' selvatico, sia calato al piano per andare all'Università, portandoci un cervello che nelle sue ambizioni non si spinge più là d'una Condotta se si dà alla medicina, o della Procura, o d'un Sotto-cancellierato, se si butta alla legge; che laggiù in quella baraonda di scapestrati, in quell'urto di costumi e di temperamenti tanto diversi da quelli lasciati lassù, si scrosti appoco appoco del ruvidume portato di suo e gli s'appiccichi un po' di bene e forse tutto il male del mondo grande; costui, nei pochi mesi di vacanza, avvezzo alle lastre piane, si lamenta di quel saliscendi, e comincia dal tornare a malincuore, a rivedere con viso di noncuranza la sua biccicocca, e stare in sussiego e in aria di disprezzo coi suoi paesani perchè non fumeranno, perchè si metteranno la cravatta a traverso.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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